L’operato del CdA che ha proceduto – senza preventivamente farsi autorizzare dall’Assemblea – all’acquisto di azioni proprie, si pone in contrasto con i dettami normativi in materia, esponendo il Consiglio di Amministrazione alle responsabilità di cui all’art. 2628 c.c. e a possibili sanzioni.
Tuttavia, è sempre possibile ratificare la delibera del Consiglio di Amministrazione con cui si è determinato l’acquisto di azioni proprie con una successiva delibera dell’Assemblea dei soci.
In mancanza, in ossequio alla disposizione di cui al IV co. dell’art. 2357 c.c., dovrà procedersi all’alienazione delle azioni secondo le modalità determinate dall’Assemblea, entro un anno dal loro acquisto ovvero al loro annullamento ed alla corrispondente riduzione del capitale.
Preliminarmente occorre analizzare il tenore della sopracitata disposizione in tema di acquisto di azioni proprie. L’art. 2357 del Codice Civile così statuisce:
La società non può acquistare azioni proprie se non nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato. Possono essere acquistate soltanto azioni interamente liberate.
[II]. L’acquisto deve essere autorizzato dall’assemblea, la quale ne fissa le modalità, indicando in particolare il numero massimo di azioni da acquistare, la durata, non superiore ai diciotto mesi, per la quale l’autorizzazione è accordata, il corrispettivo minimo ed il corrispettivo massimo.
[III]. Il valore nominale delle azioni acquistate a norma del primo e secondo comma dalle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio non può eccedere la quinta parte del capitale sociale, tenendosi conto a tal fine anche delle azioni possedute da società controllate (2).
[IV]. Le azioni acquistate in violazione dei commi precedenti debbono essere alienate secondo modalità da determinarsi dall’assemblea, entro un anno dal loro acquisto. In mancanza, deve procedersi senza indugio al loro annullamento e alla corrispondente riduzione del capitale. Qualora l’assemblea non provveda, gli amministratori e i sindaci devono chiedere che la riduzione sia disposta dal tribunale secondo il procedimento previsto dall’articolo 2446, secondo comma.
[V]. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli acquisti fatti per tramite di società fiduciaria o per interposta persona.
L’ acquisto di azioni proprie da parte di una società per azioni si concretizza dunque in quella operazione attraverso la quale la società acquista, seppure con determinati limiti imposti dal Legislatore, le proprie azioni, divenendo, per l’effetto, socia di se stessa.
Dalla lettura dell’articolo 2357 c.c. emergono delle rigorose limitazioni – sia di carattere quantitativo, in relazione al numero di azioni acquistabili, sia di natura procedimentale (si veda la preventiva autorizzazione dell’Assemblea) – volte alla tutela di un generale e superiore interesse al corretto e trasparente svolgimento delle attività economiche della società, nonché alla tutela dello specifico interesse dei creditori e dei soci di minoranza rispetto al mantenimento e all’integrità del capitale sociale.
Le finalità dei divieti imposti si sostanziano quindi nell’evitare che:
1. la società restituisca il capitale ai soci e diminuisca la tutela per i creditori (per tale ragione, il Legislatore ha inserito il requisito degli utili netti regolarmente accertati);
2. il Consiglio di Amministrazione utilizzi tale operazione per costituire una maggioranza assembleare a loro favorevole;
3. il Consiglio di Amministrazione influenzi il prezzo dei titoli (per le società quotate);
4. si verifichino «trasgressioni del principio di uguaglianza di trattamento degli azionisti»[1].
Nella specie, per quanto attiene i limiti quantitativi, l’art. 2357 c.c. prevede che
• l’acquisto è possibile purché non vengano acquistate azioni proprie in misura superiore agli utili distribuibili ed alle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato,
• che le azioni acquistate siano state interamente liberate dai soci e che il valore nominale delle azioni acquistate, nel solo caso di società che facciano ricorso al mercato del capitale di rischio, non ecceda la quinta parte del capitale sociale, tenendo in considerazione anche le azioni possedute da società controllate.
In relazione invece ai limiti qualitativi, l’acquisizione deve essere autorizzata dall’Assemblea (art. 2357 c.c. II co. c.c.). il Consiglio di Amministrazione è tenuto a portare a conoscenza dei soci l’operazione di acquisto in quanto gli stessi dovranno autorizzarla e fissarne i termini e le modalità. Sul punto, è chiaro che la norma abbia voluto tutelare la società e i soci da eventuali abusi da parte degli amministratori. Ad esempio, il Consiglio di Amministrazione, con l’ottenimento dell’autorizzazione, evita la possibile violazione dell’art. 2628 c.c., che contempla i casi di illecite operazioni sulle azioni o quote sociali della società controllante, sempre che la delibera assembleare non risulti inficiata da nullità per illiceità dell’oggetto.
Tenuto conto delle opposte esigenze di tutela sopra rappresentate, l’Organo amministrativo è quindi tenuto a convocare l’Assemblea dei soci in sede ordinaria (art. 2364 c.c.) e la delibera deve essere adottata a maggioranza assoluta, salvo che la Legge o lo Statuto non prevedano maggioranze più elevate, e per essere valida ed efficace dovrà rispettare, a pena di nullità per illiceità dell’oggetto, i limiti quantitativi posti dall’art. 2357 c.c.
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[1] Liber amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da Abbadessa, Portale, I, Torino, 2007; Liber amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da Abbadessa, Portale, II, Torino, 2006; Codice civile commentato De Jure ed. 2020 – Codice Civile art. 2357 – Acquisto delle proprie azioni- Autore: Guido Romano.